Residenze Stazione I

Una metamorfosi: la contaminazione del metallo sul classico che attraversa il tempo e lo spazio.

Il motivo portante di Stazione I è la metamorfosi. Nessun nuovo inserimento è stato camuffato, tutto è ben leggibile sin nei dettagli, sino allo schizzo dell’ultimo particolare: la copertura, i terrazzini, il vano scala. È proprio questo lo scopo: mantenere ben leggibile il volume del manufatto originale per raccontare la sua trasformazione in qualcosa di altro.  

Il prima e il dopo, appunto. La richiesta era di realizzare un maggiore numero di alloggi rispetto a quelli preesistenti ma la normativa urbanistica fissava dei limiti di altezza. Trovare un equilibrio tra una volumetria semplice e spazi sempre più accoglienti spesso non è banale.

La soluzione viene dai tetti francesi, ispirazione diretta a cui attingere: il rivestimento in rame della copertura crea un effetto mansarda e varca la quota di gronda.

Il materiale principe è il metallo. Nella precisione del metallo si cela una forza simbolica che innesca le memorie sensoriali più primitive. È un materiale che traccia linee precise, evidenzia le fughe, esprime il concetto razionale dello spazio attraverso la sua efficienza e leggerezza, determina le giuste proporzioni.

Accoppiare e rileggere il ferro è un piacere, una contaminazione che lascia un segno dichiaratamente costruttivista senza sporcare l’evolversi della struttura nel tempo. Lavorare il ferro significa fondersi con il lavoro degli artigiani, con la carpenteria, con l’elemento costruito e assemblato nel vero senso della parola.

La nuova versione è potente e allo stesso tempo rispettosa della struttura passata. Questo, per lo meno, era l’intento.

Metamorfosi, quindi, accanto alla fondamentale tematica della combinazione dei materiali, che influenza la percezione degli spazi, tra pieni e vuoti, e la percezione del tempo, rappresentato dalla struttura portante immutata e la sua sopraelevazione più moderna.

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